UN ANNO DOPO SIAMO ANCORA QUI!
Lo
scorso autunno studenti medi ed universitari si sono mobilitati per
mesi contro i provvedimenti previsti dalla legge 169 e i tagli
all’intero mondo dell’istruzione (e non solo) stabiliti dalla legge
133. Ad un anno di distanza se ne sentono in tutta la loro gravità gli
effetti: licenziamenti, contratti non rinnovati, chiusura di laboratori
e biblioteche, accorpamento di sedi decentrate e corsi universitari.
Non pensiamo, però, che queste riforme siano mele marce cresciute su un
albero rigoglioso; è tutta la pianta ad essere malata! Esse
rappresentano, infatti, l’acutizzarsi di un processo di
ristrutturazione della scuola e dell’Università iniziato negli anni
’80, grazie alla spinta di Confindustria, e finalizzato a modellare
sulle esigenze delle imprese tanto icontenuti della didattica e della
ricerca quanto la struttura piramidale di
tutto il percorso formativo, nel tentativo di farci pagare l’estrema
ingordigia di profitto propria di un modo di produzione in fase di crisi
acuta.
La ristrutturazione del sistema formativo
Le
riforme Bassanini, Berlinguer, Moratti e Fioroni, e in ultimo il Ddl
Aprea, hanno portato a una separazione sempre più netta tra formazione
liceale e formazione professionale, all’entrata dei privati nei
Consigli d’Istituto (che diventeranno Consigli d’Amministrazione), alla
possibilità per ogni scuola di assumere insegnanti senza un bando
pubblico, quindi come una vera e propria azienda. Parallelamente le
riforme dell’Università, il cui punto culminante è stato il Processo di
Bologna, hanno portato all’introduzione del 3+2, come strumento di
selezione nei confronti delle
classi subalterne, e del sistema del
credito formativo, come strumento di quantificazione/mercificazione del
sapere. L’università si candida, in questo modo, a sfornare lavoratori
disciplinati alla produttività, divisi e gerarchizzati in base alla
“quantità” di “competenze” assorbite (più o meno utili ad assicurarsi
un lavoro a seconda della cifra pagata dallo studente per il master, il
corso di formazione, la lezione privata, ecc.).
Non continueremo a pagare la loro crisi!
La consapevolezza che il sistema della formazione non sia un mondo a sé
stante ma sia parte integrante di questa società basata sullo
sfruttamento ci spinge a non fermarci a rivendicazioni meramente
studentiste o categoriali, ma a formulare una critica che unisca tutti
i soggetti che vivono questa crisi (lavoratori precari o meno,
immigrati). Parallelamente ai tagli e alle privatizzazioni di scuole e
università, assistiamo infatti a licenziamenti di massa e
cassaintegrazioni nelle fabbriche e ai mancati rinnovi dei contratti
precari.
In un contesto di crisi sempre più acuta, diventa
indispensabile per il Governo sviare l’attenzione dai problemi reali e
dividere le classi più colpite, creando nemici ad hoc come l’immigrato,
introducendo il reato di clandestinità (che comporta l’impossibilità di
sposarsi e di iscrivere i figli all’anagrafe, l’impossibilità di
“regolarizzarsi” e la detenzione nei CIE solo per il fatto di non avere
un documento) e proponendo un tetto del 30% alla presenza di immigrati
nelle classi.
Per contrastare chiunque denunci le conseguenze di
questo sistema si va ad accentuare il controllo sociale: telecamere
“amiche” per strada, telecamere di sorveglianza a scuola; denunce per i
cortei, 5 in condotta agli studenti “indisciplinati”, per finire
pattugliamenti selvaggi, militari nelle città e ronde squadriste.
La
scuola, l’università, la società si cambiano ribaltando le logiche
classiste e autoritarie che le governano, attraverso
l’autorganizzazione, senza affidarsi alle rivendicazioni riformistiche
di partiti o sindacati concertativi.
NO ALLA FORMAZIONE CLASSISTA E AUTORITARIA!
NO A XENOFOBIA E MILITARIZZAZIONE!
NO ALLE POLITICHE PADRONALI CONTRO I LAVORATORI!
NO ALLA CONCERTAZIONE SINDACALE!
MANIFESTAZIONE STUDENTESCA VENERDÌ 9 OTTOBRE P.ZZA SAN MARCO H 9
Studenti Medi Antifascisti Fiorentini
Universitari Autorganizzati